DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

I volumetti osceni dell’UNAR e il gioco dello scaricabarile


Quante storie ci raccontano! Adesso pare che nessuno ne sapesse nulla… ma anche il quotidiano della CEI rimedia una brutta figura
Ora pare proprio che la ripugnante storia dell’Unar e dei suoi programmini scolastici stia venendo finalmente a galla.. Ma questi sono soltanto un tassello, peraltro decisivo, del più ampio disegno di distruzione della società. Una distruzione che ha la sua linea di forza nell’omosessualismo per tutti, o in subordine, nell’indifferentismo sessuale.
Avvenire ci informa con soddisfazione che si è trattato di un bluff; del tentativo, da parte di un ufficio consultivo ministeriale quale è appunto l’Unar, di far passare i libretti “educativi” ideati e poi commissionati all’Istituto Beck a spese del contribuente come provenienti dal Dipartimento delle Pari Opportunità. Quest’ultimo, per bocca del viceministro Guerra, si dichiara estraneo all’operazione perché tenuto all’oscuro di tutto. Estraneo anche il Miur, ex Pubblica Istruzione. Insomma un colpo di mano smascherato – meglio tardi che mai – a metà dell’anno scolastico e probabilmente a sperimentazione avvenuta.
Ma forse le cose non sono così rosee come appaiono ad Avvenire.
Cominciamo dalla Guerra, chiamata da Letta a sostituire la dimissionaria Idem nominata per meriti sportivi. La Guerra che la sostituisce fa parte dell’attivismo omosessualista. Una scelta casuale?
Le Pari Opportunità nascono in uno Stato la cui Costituzione garantisce la parità di diritti di tutti i cittadini di fronte alla legge. Dunque è stato creato un ministero apposito (questo il modo più sensato di intendere la sua istituzione nel 1996) per realizzare quanto è garantito dalla Costituzione ex art. 3 e nei limiti da essa indicati. E per vocazione questo Ministero mira soprattutto alla parità di trattamento tra uomo e donna in campo lavorativo tanto che, in tempi di vacche magre, diventa una appendice del Ministero del Lavoro. Del resto non sembra che in Italia le donne viaggino sui mezzi pubblici separate dagli uomini, come in Arabia Saudita.
Tuttavia, ben presto risulta chiaro che le Pari Opportunità devono servire, anche sulla scorta della predicazione comunitaria e della sua religione omosessista, a qualcos’altro. Cioè proprio alla parificazione di altre prospettive, quelle sessuali dei sessi intermedi icasticamente rappresentati dalla formula LGBTQ. E democraticamente propagandati dalle ministre precedenti succedutesi fino alla Guerra, passando per la Fornero. Ma quest’ultima, nota per il corpo a corpo con l’art.18, fa il salto di qualità, e da ministro del Lavoro con delega alle Pari Opportunità, a governo Monti già dimissionario, vara in 55 pagine le direttive per la scuola, ispirate alle raccomandazioni europee in tema di educazione alle diversità (leggi: normalità delle diversità), cioè alla introduzione nella scuola di quella fondamentale materia di studio che è la normalità dell’omosessualità, una disciplina che i medievali avrebbero senz’altro inserito nel quadrivio se fossero stati evoluti come la ministra in scadenza.
Ora, a nessuno viene in mente, dalle parti del governo, che quelle direttive intrinsecamente mostruose e lesive della libertà di educazione dei genitori, sono frutto di un abuso di potere e prive di ogni legittimità istituzionale e costituzionale. Anzi, ad esse si ispira il decreto scuola convertito in legge, e dotato di cospicui di mezzi finanziari.
Dunque, senza questo pregresso sviamento dei poteri di un organismo governativo non si capirebbe come mai l’Unar abbia preso poi l’iniziativa di emettere i documenti destinati alla scuola in nome e per conto del Dipartimento delle Pari Opportunità. Infatti questo è il punto saliente di questa vicenda: il viceministro Guerra, al di là della sbandierata presa di distanza “formale”, non sconfessa minimamente il contenuto dei documenti Unar; come, purtroppo, non lo sconfessa neppure Avvenire.
E veniamo alle dichiarazioni ministeriali. La Guerra protesta che la diffusione del materiale fatto confezionare dall’Unar con il logo della presidenza del Consiglio è avvenuta a sua insaputa. Ma non prende minimamente le distanze dal fatto che esulasse anzitutto dalle competenze del proprio Dipartimento emettere direttive per la scuola. E tanto meno prende le distanze dai contenuti. Anzi. Questi rappresentano materia “così sensibile da richiedere particolare attenzione anche al linguaggio”. Dunque, dice il viceministro pariopportunista, questa è roba delicata che va trattata con i guanti e propagandata con altra accortezza. Purtroppo sono stata scavalcata e non sono stata messa in condizione di fare le cose come si deve. E non è stato consultato, come avrebbe dovuto, neppure il Ministero della Pubblica istruzione (manteniamo per chiarezza la tradizionale denominazione). Non dice, la signora, che è inaudito andare ad insegnare a bambini ed adolescenti la bellezza dell’omosessualità e delle sue possibili varianti. E non dice neppure che in ogni caso non è compito del suo Dipartimento occuparsi della scuola per la quale c’è un apposito Ministero. Lamenta anzi di non essersi neppure potuta consultare per lumi con quest’ultimo (è venuto a mancare un apporto prezioso). E non ha torto la Guerra, dal momento che alla Pubblica Istruzione c’è la signora Carrozza, la quale ha fatto stanziare dieci milioni di euro per formare gli insegnanti alla iniziazione di bambini e adolescenti alla bellezza del gender e della cultura omosessualista, con eventuali applicazioni pratiche. Chi meglio della ministra Carrozza avrebbe potuto dare suggerimenti alle Pari Opportunità sulla educazione al gender e all’omosessualità?
Per riassumere, per la viceministra non è indecente il contenuto del materiale confezionato dall’Unar, né la pretesa usurpazione da parte del suo dipartimento di poteri educativi. No, la cosa disdicevole è la inosservanza delle precedenze e una cattiva gestione di tutta la faccenda.
A questo punto Avvenire interviene in prima persona per dimostrare il proprio apprezzamento alla signora viceministro che, bontà sua, avrebbe smascherato il bluff dell’Unar. E si mette in perfetta sintonia con questa sapiente pokerista. Anzi, si preoccupa di riaffermare la necessità e la urgenza, per la scuola, di sradicare il bullismo, quella che appare ormai come la vera piaga nazionale. Roba da fare impallidire mafia, droga, malavita comune, corruzione, e altre amenità.
Peccato che il bullismo sia l’ultima trovata, in fatto di linguaggio, elaborata proprio nell’area della lobbistica omosessualista, per inventare a proprio vantaggio una realtà da sfruttare per ogni uso mediatico e propagandistico. Come la famosa “discriminazione” omofobica, che non esiste ma che è capace di tradursi in legge dello Stato.
Ed infatti nella dogmatica dell’Unar-Pari Opportunità, il bullismo significa non il gavettone o lo sgambetto o altri scherzi praticati dai ragazzi ai danni dei propri compagni dalla notte dei tempi, ma il fatto di apostrofare il proprio compagno che appaia effeminato, con uno dei termini che nel linguaggio popolare identificano la tendenza omosessuale. Il che (a rigore per i cultori della materia dovrebbe non suonare troppo disdicevole) è diventato da un giorno all’altro una forma di persecuzione di dimensioni tali da dominare sinistramente tutta la vita della scuola. Ma tant’è. Infatti, oggi quello che bisogna combattere con ogni mezzo è soprattutto quel perverso sentimento interiore che impedisce di condividere la bellezza dell’omosessualità (di recente teorizzata in modo spettacolare da Wladimiro Guadagno, noto cattolico praticante caro alla chiesa genovese).
Insomma, il bullismo sta all’omofobia come i documenti culturali per la scuola – di Miur e Unar – stanno al disegno Scalfarotto.
Tuttavia Avvenire si spinge oltre e, facendo proprie le parole della Guerra, dice la sua sul metodo da usare: il bullismo va combattuto, ma non con “l’imposizione di punti di vista quanto meno discutibili e il capovolgimento di valori e tradizioni millenarie”. Dunque apprendiamo con non poco stupore che l’ideologia omosessualista e l’ideologia di genere cui si è ispirata l’Unar rappresentano, per il quotidiano della Cei, “punti di vista quanto meno discutibili” anche perché tendono a capovolgere “valori e tradizioni millenarie”. Per esempio quelli legati al primo libro della Genesi, che, per Avvenire, dovrebbe conservare ancora almeno un valore antiquario. Come se la secolare tradizione della pizza napoletana potesse essere soppiantata di punto in bianco dall’Hamburger. Un po’ troppo pensa Avvenire. Facciamolo con calma, magari parliamone prima con Parolin.
Avvenire si mostra in sintonia anche con il sottosegretario Toccafondi quando lamenta che l’Unar “sembra voler imporre un’impronta culturale a senso unico”, mentre una materia così delicata “richiede attenzione ai contenuti e al linguaggio”.
Insomma, basterebbe usare il bon ton, e magari introdurre con garbo anche qualche idea in senso contrario, e dalla dialettica degli opposti potrà uscire hegelianamente la nuova civiltà scolastica.
Tradotto invece in un linguaggio più propriamente ecclesiastico, anche l’orizzonte diAvvenire deve essere dominato dall’idea che i veri cattolici debbano comunque vestire i panni dell’agnello, in modo da permettere ai lupi di affondare i denti sul morbido. Pare la pensi così anche l’arciprete di S. Maria Maggiore.


ProlifeUnar